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La prima ora di agonia nell’Orto di Getsemani

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Dalle 9 alle 10 della notte

L’angelo conforta Gesù nel giardino

Preghiera di Preparazione

O Signor mio Gesù Cristo, prostrata alla tua divina presenza, supplico l’amorosissimo tuo cuore che voglia ammettermi alla dolorosa meditazione delle 24 ore, in cui per nostro amore tanto volesti patire nel corpo adorabile e nell’anima tua santissima fino alla morte di croce. Deh! dammi aiuto, grazia, amore, profonda compassione e intelligenza dei tuoi patimenti, mentre ora medito l’Ora… (si dica quale).

E per quelle che non posso meditare, ti offro la volontà che avrei di farle, e intendo intenzionalmente meditarle in tutte le ore che sono costretta o ad applicarmi ai miei doveri o a dormire.

Accetta, o misericordioso Signore, la mia amorosa intenzione, e fa che sia di profitto per me e per molti come se effettivamente e santamente eseguissi quanto desidererei praticare. Intanto grazie ti rendo, o mio Gesù, che per mezzo della preghiera mi chiami all’unione con te, e per piacerti di più, prendo i tuoi pensieri, la tua lingua, il tuo cuore, e con questo intendo pregare, fondendomi tutta nella tua Volontà e nel tuo amore; e stendendo le braccia per abbracciarti, poggio la mia testa sul tuo cuore ed incomincio…

Le tre ore di agonia nell’Orto di Getsemani
Orazione preparatoria prima di ogni ora di agonia nell’Orto

O mio divino Redentore Gesù, deh! Conducimi con te, insieme ai tuoi tre cari apostoli, per assistere alla tua agonia nell’Orto degli Ulivi. Ammonita dal dolce rimprovero che tu facesti a Pietro e agli altri due dormienti discepoli, io voglio vegliare almeno un’ora con te nel Getsemani; voglio sentire almeno una trafittura del tuo cuore agonizzante, un alito del tuo affannoso respiro. Voglio fissare il mio sguardo sul tuo divin volto e contemplare come s’impallidisce, come si turba, come trambascia, come si curva fino alla polvere.

Già vedo, o penante mio Gesù, come la tua persona vacilla e cade, or da un lato, or dall’altro, come le tue amorose mani irrigidite s’intrecciano. Comincio a sentire i gemiti, le grida di amore e d’incomprensibile dolore che levi al cielo. O mio Gesù, agonizzante nel tetro Orto di Getsemani, fa scorrere su di me, in quest’ora che ti terrò compagnia, un rivolo, uno spruzzo di quell’adorabilissimo sangue che scorre come torrenti da tutte le tue adorabili membra. Oh, lavacro preziosissimo del mio Sommo Bene che per me agonizza! Deh! Che io ti succhi, ti beva fino all’ultima stilla, e con te succhi e beva un sorso almeno dell’amaro calice del Diletto, e senta dentro di me le pene del suo divin cuore, anzi senta spezzarmi il cuore per il pentimento di aver offeso il mio Signore, che per me si riduce all’agonia di morte.

Ah, mio Gesù! Dammi grazia, dammi aiuto di penare, sospirare e piangere con te, almeno un’ora sola nell’Orto degli Ulivi!

O Addolorata Madre Maria, fammi sentire la compassione del tuo trafitto cuore per Gesù agonizzante nel Getsemani. Così sia.

Mio afflitto Gesù, come da corrente elettrica mi sento attirata in quest’orto. Comprendo che tu, calamita potente del mio ferito cuore, mi chiami; ed io corro, pensando tra me: Che sono queste attrattive d’amore che sento in me? Ah, forse il mio perseguitato Gesù si trova in stato di tale amarezza, che sente il bisogno della mia compagnia! Ed io volo.

Macché! Mi sento raccapricciare nell’entrare in quest’orto: l’oscurità della notte, l’intensità del freddo, il lento muoversi delle foglie, che, come flebili voci, annunziano pene, tristezze e morte per il mio addolorato Gesù. Il dolce scintillio delle stelle che, come occhi piangenti, sono tutte intente a guardare e, facendo eco alle lacrime di Gesù, rimproverano me delle mie ingratitudini. Ed io tremo, ed a tentoni lo vado cercando e lo chiamo: Gesù, dove sei? Mi attiri a te e non ti fai vedere? Mi chiami e ti nascondi?

Tutto è terrore, tutto è spavento e silenzio profondo. Ma faccio per tendere le orecchie, sento un respiro affannoso ed è proprio Gesù che trovo, ma che cambiamento funesto! Non è più il dolce Gesù della Cena Eucaristica, cui splendeva nel volto una bellezza smagliante e rapitrice, ma è triste, di una tristezza mortale da sfigurare la sua natia beltà. Già agonizza, e mi sento turbare pensando che forse non ascolterò più la sua voce perché pare che muoia. Perciò mi abbraccio ai suoi piedi, mi faccio più ardita, mi avvicino alle sue braccia, gli metto la mia mano alla fronte per sostenerlo, e sottovoce lo chiamo: “Gesù, Gesù”.

E lui, scosso dalla mia voce, mi guarda e mi dice:

“Figlia, sei qui? Ti stavo aspettando, ed era questa la tristezza che più mi opprimeva: il totale abbandono di tutti. Aspettavo te per farti essere spettatrice delle mie pene, e farti bere insieme con me il calice delle amarezze, che tra poco il mio Padre celeste mi manderà per mezzo dell’angelo. Lo sorseggeremo insieme, perché non sarà calice di conforto ma di amarezze intense, e sento il bisogno che qualche anima amante ne beva qualche goccia almeno. Perciò ti ho chiamata, perché tu l’accetti e divida con me le mie pene, e mi assicuri di non lasciarmi solo in tanto abbandono”.

Ah, sì, mio affannato Gesù, berremo insieme il calice delle tue amarezze, soffriremo le tue pene e non mi sposterò giammai dal tuo fianco!

Intanto l’afflitto Gesù, assicurato da me, entra in agonia mortale, soffre pene mai viste né intese. Ed io, non potendo reggere, e volendo compatirlo e sollevarlo, gli dico:

“Dimmi: Perché sei così mesto ed afflitto e solo in quest’orto e in questa notte? È l’ultima notte della tua vita mortale: poche ore ti rimangono per dar principio alla tua passione. Qui credevo di trovare almeno la celeste Mamma, l’amante Maddalena, i fidi apostoli. Ed invece ti trovo solo ed in preda ad una mestizia che ti dà morte spietata senza farti morire. Oh! Mio Bene e mio Tutto, non mi rispondi? Parlami!”

Ma pare che ti manchi la parola, tanta è la tristezza che ti opprime. Quel tuo sguardo, pieno di luce sì, ma afflitto ed indagatore, che pare che cerchi aiuto, il tuo volto pallido, le tue labbra riarse dall’amore, la tua divina persona, che da capo a piè trema tutta, il tuo cuore che forte forte batte, e quei battiti cercano anime e ti danno un affanno da sembrare che da un momento all’altro tu spiri, mi dicono che tu sei solo e perciò vuoi la mia compagnia.

Eccomi, o Gesù, tutta a te, insieme con te, anzi non mi dà il cuore di vederti gettato per terra. Ti prendo fra le mie braccia, ti stringo al mio cuore. Voglio numerare uno per uno i tuoi affanni, una per una le offese che ti si fanno avanti, per darti per tutto sollievo, per tutto riparazione, e per tutto darti almeno un compatimento.

Ma, o mio Gesù, mentre ti tengo fra le mie braccia, le tue sofferenze si accrescono. Sento, Vita mia, scorrere nelle tue vene un fuoco, e sento che il sangue ti bolle e vuole rompere le vene per uscire fuori. Dimmi, Amore mio, che hai? Non vedo flagelli, né spine, né chiodi, né croce. Eppure, poggiando la testa sul tuo cuore, sento che spine crudeli ti trafiggono la testa, che flagelli spietati non ti risparmiano alcuna particella dentro e fuori della tua divina persona, e che le tue mani sono paralizzate e contorte più che dai chiodi. Dimmi, dolce mio Bene, chi è che ha tanto potere anche nel tuo interno, che ti tormenta e ti fa subire tante morti per quanti tormenti ti dà?

Ah! Pare che Gesù benedetto schiuda le sue labbra fioche e moribonde e mi dica:

“Figlia mia, vuoi sapere chi è che mi tormenta più degli stessi carnefici, anzi, quelli sono nulla a paragone di questo? È l’amore eterno che, volendo il primato in tutto, mi sta facendo soffrire tutto insieme e nelle parti più intime, ciò che i carnefici mi faranno soffrire a poco a poco. Ah! Figlia mia, è l’amore che tutto prevale su di me ed in me: l’amore mi è chiodo, l’amore mi è flagello, l’amore mi è corona di spine, l’amore mi è tutto. L’amore è la mia passione perenne, mentre quella degli uomini è del tempo. Ah! Figlia mia, entra nel mio cuore, vieni a perderti nel mio amore, e solo nel mio amore comprenderai quanto ho sofferto e quanto ti ho amato, e imparerai ad amarmi ed a soffrire solo per amore”.

Mio Gesù, giacché tu mi chiami nel tuo cuore per farmi vedere ciò che l’amore ti ha fatto soffrire, io vi entro. Ma mentre vi entro, vedo i portenti dell’amore, che non di spine materiali ti corona la testa, ma di spine di fuoco, che ti flagella non con flagelli di funi ma con flagelli di fuoco, che ti crocifigge con chiodi non di ferro ma di fuoco. Tutto è fuoco che penetra fin nelle ossa e nelle stesse midolla, e, distillando tutta la tua santissima umanità in fuoco, ti dà pene mortali, certo più della stessa passione, e prepara un bagno d’amore a tutte le anime che vorranno lavarsi da qualunque macchia ed acquistare il diritto di figlie dell’amore.

O Amore senza termine, io mi sento indietreggiare innanzi a tanta immensità d’amore, e vedo che, per poter entrare nell’amore e comprenderlo, dovrei essere tutta amore. O mio Gesù, non lo sono. Ma, giacché tu vuoi la mia compagnia e vuoi che entri in te, ti prego di farmi diventare tutta amore.

Perciò ti supplico di coronare la mia testa ed ogni mio pensiero con la corona dell’amore. Ti scongiuro, o Gesù, di flagellare col flagello dell’amore la mia anima, il mio corpo, le mie potenze, i miei sentimenti, i desideri, gli affetti, tutto, ed in tutto resti flagellata e suggellata dall’amore. Fa, o Amore interminabile, che non ci sia cosa in me che non prenda vita dall’amore.

O Gesù, centro di tutti gli amori, ti supplico d’inchiodare le mie mani, i miei piedi coi chiodi dell’amore, affinché tutta inchiodata dall’amore, amore diventi, l’amore intenda, d’amore mi vesta, d’amore mi nutra. L’amore mi tenga tutta inchiodata in te, affinché nessuna cosa dentro e fuori di me abbia ardire di torcermi e distogliermi dall’amore, o Gesù.

Riflessioni e Pratiche

Gesù Cristo, in quest’ora, abbandonato dall’eterno suo Padre, soffrì tale incendio d’infuocato amore, da poter distruggere tutti i peccati anche immaginabili e possibili, da poter infiammare del suo amore tutte le creature anche di milioni e milioni di mondi, tutti i reprobi dell’inferno se non fossero eternamente ostinati nella loro pravità.

Entriamo in Gesù, e dopo esserci penetrati in tutto il suo interno, nelle sue più intime fibre, in quei palpiti di fuoco, nella sua intelligenza, che era come incendiata, prendiamo questo amore, e rivestiamoci dentro e fuori del fuoco che incendiava Gesù. Poi uscendo fuori da lui e riversandoci nella sua Volontà, vi troveremo tutte le creature. Diamo ad ognuna l’amore di Gesù, e, ritoccando i loro cuori, le loro menti con questo amore, cerchiamo di trasformarle tutte in amore. E poi coi desideri, coi palpiti, coi pensieri di Gesù, formiamo Gesù nel cuore di ogni creatura.

Indi gli porteremo tutte le creature, che tengono Gesù nel proprio cuore, e le metteremo intorno a lui, dicendogli: “O Gesù, ti portiamo tutte le creature con altrettanti Gesù nel cuore per darti ristoro e conforto. Non abbiamo altri modi per poter dare ristoro al tuo amore, che portarti ogni creatura nel cuore”.

Ciò facendo, daremo i veri sollievi a Gesù, ché son tante le fiamme che lo bruciano che va ripetendo: “Son bruciato e non v’è chi prenda il mio amore. Deh! Datemi ristoro, prendete il mio amore e datemi amore”.

Per conformarci in tutto a Gesù, dobbiamo rientrare in noi stessi, applicando a noi queste riflessioni: In tutto ciò che facciamo, possiamo dire che è un continuo flusso di amore che corre tra noi e Dio? La nostra vita è un continuo flusso d’amore che riceviamo da Dio: se pensiamo è un flusso d’amore; se operiamo è un flusso d’amore; la parola è amore, il palpito è amore: tutto riceviamo da Dio. Ma tutte queste nostre azioni corrono verso Dio con amore? Gesù trova in noi il dolce incanto del suo amore che corre a lui, affinché, rapito da questo incanto, sovrabbondi con noi di più abbondante amore?

Se in tutto ciò che abbiamo fatto, non abbiamo messo l’intenzione di correre insieme nell’amore di Gesù, entreremo in noi stessi e gli chiederemo perdono di avergli fatto perdere il dolce incanto del suo amore verso di noi.

Ci facciamo lavorare dalle mani divine come si fece lavorare l’umanità di Gesù Cristo? Tutto ciò che succede in noi, che non sia il peccato, dobbiamo prenderlo come lavorio divino. Facendo il contrario, neghiamo la gloria al Padre, facciamo sfuggire la vita divina e perdiamo la santità. Tutto ciò che sentiamo in noi: ispirazioni, mortificazioni, grazie, non è altro che lavorio d’amore. E noi le prendiamo in quel modo da Dio voluto? Diamo la libertà di far lavorare Gesù? Oppure col prendere il tutto in senso umano e come cose indifferenti, respingiamo il lavorio divino, e lo costringiamo a piegarsi le mani? Ci abbandoniamo nelle sue braccia come morti per ricevere tutti quei colpi che il Signore disporrà per la nostra santificazione?

Amor mio e mio tutto, il tuo amore m’inondi dappertutto e mi bruci tutto ciò che non è tuo, e fa che il mio corra sempre verso di te, per bruciare tutto ciò che possa contristare il tuo cuore.

Orazione di ringraziamento
dopo ogni ora di agonia nell’Orto

Grazie ti rendo, o dolcissimo mio Signore, che ti sei degnato di tenermi in tua compagnia per un’ora almeno, nella tremenda tua agonia nell’Orto. Ahi, che troppo scarso conforto hai potuto trovare in me, o mio buon Gesù! Ma il tuo infinito amore e la sovrabbondante carità del pietoso tuo cuore, ti fanno trovare sollievo anche nel minimo atto di compassione che la creatura ti dimostra. Ah! Non mi uscirà più dalla mente la vista della tua adorabile persona tremante, abbattuta, affranta, umiliata nella polvere e tutta sparsa di sudore di sangue nel cupo orrore del Getsemani. Io ho provato, o Gesù, che lo stare con te penante, il sentire anche una stilla dell’angosciosa amarezza del tuo divin cuore è la sorte più grande che può aversi su questa terra.

O Gesù, generosamente rinunzio alle terrene e fallaci cose; voglio te solo, oppresso, penante, afflitto mio Signore. Dall’orto al Calvario voglio farti sempre fedele e dolce compagnia.

O Gesù, fammi catturare con te, trascinare con te ai tribunali; fammi parte degli oltraggi, degli insulti, degli sputi, degli schiaffi con cui i tuoi nemici ti copriranno. Conducimi con te da Pilato ad Erode, da Erode a Pilato. Legami con te alla colonna e fammi sentire una parte dei tuoi flagelli; dammi alquanto delle tue spine, Gesù, che mi trafiggano. Fa che con te io sia condannata a morire crocifissa: tu come vittima di amore per me, ed io come tua vittima espiatrice per i miei peccati.

Dammi la sorte del Cireneo per seguirti al Calvario, e lì fa che con te io sia inchiodata sulla croce e con te agonizzi e muoia.

O Addolorata Madre, che mi hai dato aiuto per compassionare Gesù agonizzante nell’Orto, dammi aiuto per stare con te crocifissa sulla stessa croce di Gesù, e di sapergli offrire le più degne riparazioni coi meriti stessi della sua passione e morte di croce. Così sia.

Preghiera di Ringraziamento

Mio amabile Gesù, tu mi hai chiamata in quest’Ora della tua passione a tenerti compagnia, ed io son venuta. Mi parve di vederti angosciato e dolente, pregare, riparare e patire, e con le voci le più tenere ed eloquenti perorare la salvezza delle anime. Ho cercato di seguirti in tutto e ora, dovendoti lasciare per le mie solite occupazioni, sento il dovere di dirti un Grazie e un Ti benedico.

Sì, o Gesù, Grazie ti ripeto le mille e mille volte, e ti lodo e benedico per tutto ciò che hai fatto e patito per me e per tutti. Grazie e Ti benedico per ogni goccia di sangue che hai versato, per ogni tuo respiro, palpito, passo, parola, sguardo, e per ogni amarezza e offesa che hai sopportato. Per tutto, o mio Gesù, intendo segnarti con un Grazie e un Ti benedico.

Deh, o Gesù, fa che tutto il mio essere ti mandi un flusso continuo di ringraziamenti e benedizioni, in modo da attirare su di me e su tutti il flusso delle tue grazie e benedizioni!

Deh, o Gesù, stringimi al tuo cuore colle tue santissime mani e segna tutte le particelle del mio essere col tuo Ti benedico, per fare che da me altro non possa uscire che un inno continuo verso di te! Perciò mi lascio in te, per seguirti in ciò che farai; anzi opererai tu stesso per me. Ed io, fin d’ora, lascio i miei pensieri in te per difenderti dai tuoi nemici, il respiro per corteggio e compagnia, il palpito per dirti sempre Ti amo e a rifarti dell’amore che non ti danno gli altri; le gocce del mio sangue a ripararti e a restituirti gli onori e la stima che ti tolgono i tuoi nemici con gl’insulti, sputi e schiaffi, e tutto il mio essere per guardia.

Dolce mio Amore, sebbene debbo attendere alle mie occupazioni, resto nel tuo cuore; ho paura d’uscirne. Tu mi terrai in te, non è vero? I nostri palpiti si intenderanno a vicenda e si confonderanno insieme in modo da darmi vita, amore, stretta unione inseparabile con te. Mio Gesù, se vedi che sto per sfuggirti, il tuo palpito si acceleri nel mio, le tue mani mi stringano più forte al tuo cuore, i tuoi occhi mi guardino e mi gettino saette di fuoco, affinché io, sentendoti, mi lasci subito tirare all’unione con te.

Deh, mio Gesù! Dammi il bacio del divino amore, abbracciami e benedicimi; io ti bacio nel dolcissimo tuo cuore, e mi resto in te.

Dalle 10 alle 11 della notte

Le Ore della Passione

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